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Studio di un'opera




La rivoluzione informatica dell’architettura. Dopo il 2001

Convenzionalmente, ma in realtà senza troppe convenzioni, il mondo si ritiene cambiato dopo l’11 settembre 2001, ma non immediatamente compreso. La mancata comprensione non può fornire risposte a quelle che si stavano delineando come problematiche fondamentali (prodotte a loro volta dal cambiamento). Ciò che si poteva cercare di fare era trovare domande appropriate e complete, alle quali sarebbero successivamente arrivate delle risposte. La prima e più importante in tal senso era sicuramente: come usare gli strumenti che abbiamo creato? In che direzione dobbiamo andare?
In architettura, lo strumento progettuale è stato sempre fondamentale per la concezione di un progetto.  È importante sottolineare in tal senso la sottile differenza semantica tra la parola utensile ed il termine strumento: l’utensile rinforza l’azione delle nostre membra, lo strumento materializza il pensiero, è qualcosa di più intellettuale, un espediente per interrogarsi. Nel mondo contemporaneo, l’Information Technology è intesa come lo strumento per eccellenza, come materializzazione dello spirito dell’”anti-utensile”. Nella nostra società, questo ha un ruolo risolutivo, inserendosi dentro vere e proprie situazioni di crisi e disincagliandosi dall’ effimero. Questa è la contemporaneità: la trasformazione di una crisi in valore.
Sondare le crisi che l’architettura contemporanea può affrontare, è la sfida necessaria della modernità, resa possibile dallo strumento catalizzante del nostro tempo, ovvero quello informatico.
Il primo tema con cui si sceglie di confrontarsi in ambito architettonico è quello del paesaggio, che da sempre ha caratterizzato un’importante oggetto di ricerca. In tal senso, la ricerca volge principalmente ad assorbire dentro i processi creativi architettonici una serie di elementi caratteristici la formazione di ambienti naturali. 
Un architetto di fama mondiale che si occupa del tema del paesaggio e della sua integrazione, ibridazione e relazione sinergica con l’architettura, è Zaha Hadid. Un’opera particolarmente interessante ed innovativa è rappresentata dal centro BMW a Lipsia. L’elemento chiave dell’edificio centrale del complesso sono dei grandi binari che attraversano completamente la costruzione, creando una sorta di coreografia collettiva che caratterizza un nuovo paesaggio abitato condiviso e socialmente accettato. 
Il paesaggio che cercano di creare i nuovi architetti “cresciuti con il computer” nasce attraverso le interconnessioni dinamiche, le mutazioni, le geometrie topologiche o parametriche. La tecnologia intesa come strumento non si lega solamente alla progettazione e realizzazione del progetto, ma sostituisce le tecniche tradizionali di osservazione e studio della natura e del paesaggio, indagando li attraverso vere e proprie simulazioni, concettualizzando la logica di sviluppo delle forme e creando sistemi generatori che costituiscono l’ossatura delle nuove architetture.
La digitalizzazione si esplica nel quotidiano attraverso lo schermo. Questo oggetto è onnipresente, avvolgendo e talvolta bombardando l’utente con il costante mutamento delle informazioni che con tanti flash colpiscono l’abitante della città.
Lo schermo non è solamente una superficie bidimensionale: è dotato di profondità, che nell’ambito della ricerca architettonica è intesa come illusionistica o interattiva o informatica. Due esempi fondamentali in questo ambito sono la copertura del mercato di Santa Caterina realizzato da Benedetta Tagliabue ed Enric Miralles a Barcellona e la Torre Agbar di Jean Nouvel, entrambi situati a Barcellona.
Il primo progetto consiste in un grande tappeto-copertura praticabile che ricopre con un unico gesto tutte le attività del mercato sottostante. La superficie, percepibile da tutti gli edifici circostanti, è tassellizzata, come se fosse un grande schermo ondulato, che non è direttamente presente, ma che viene solamente evocato. Ciò non rappresenta un limite, semmai ne sottolinea la capacità di essere interpretato “sentendo la digitalizzazione”.
Il secondo è costituito da un grande fuso che, sviluppandosi, dà vita a questo immenso edificio. Ad una scala ravvicinata però la torre si rivela pixellata, in particolare articolata in due strati: la struttura a telaio che segue la superficie del volume e la trama dei pannelli colorati che lo ricoprono. I pannelli però non sono solo un elemento superficiale: si possono muovere tridimensionalmente ottimizzando la schermatura dell’edificio mentre migliaia di led luminosi determinano una sempre cangiante illuminazione notturna.
Ecco come la digitalizzazione e lo schermo acquistano un’evidente profondità di significato.

PROCESSI E DIAGRAMMI
Una delle tecniche progettuali più famose utilizzate da numerosi architetti, tra cui il più noto è Peter Eisenman, è quella della piega. L’arte del piegare conforma le parti di un edificio e le articolazioni del paesaggio.
Allo stesso tempo si fa strada l’idea che quest’ “arte” non sia interessante per il piegare in sé, ma per un approccio ancora più generale che definisce il “folding” solo un’applicazione. La parola chiave diventa: diagramma, ovvero l’esplicitazione di relazioni possibili e auspicabili tra le parti del progetto di natura topologica e/o parametrica. In questo modo esistono infinite deformazioni geometriche “compatibili” con l’impostazione originaria che generano risultati completamente diversi, generati da piccole variazioni del diagramma codice di base. Per comprendere questa componente è necessario riflettere in termini matematici, utilizzando l’idea di base del matematico Michel Leyton: Shape as Memory. L’opera stessa, a ritroso, deve rappresentare un “condensatore di memoria” di quegli eventi e di quelle scelte che hanno portato al prodotto finale. In questo caso, scarnificando l’opera e riconducendola al mero ragionamento, si lasciano aperti gli esiti anche nel loro evolversi futuro.
L’arrivo del diagramma anticipa il concetto di modellazione, intesa come capacità di interconnettere tutte le informazioni. Nel rappresentare tridimensionalmente un progetto quindi vi sono due principali aspetti da considerare: uno che riguarda direttamente lo sviluppo geometrico della forma; l’altro invece riguarda l’arrivo ad un modello globale e informatizzato, che racchiude tutte le informazioni riguardanti tutta l’attività progettuale, partendo dallo studio, passando per le simulazioni e arrivando al processo di costruzione. In questo caso si passa dal progetto che dall’interno si sposta verso l’esterno; ma, al contrario, Ghery definisce questo processo progettuale come “skin in”. In questo caso l’architettura stessa è a immagine e somiglianza dei modelli elettronici, che tende a diventare dinamica, connessa e mutevole.
Un altro campo di ricerca nel quale si assiste all’arrivo dell’era digitale è quello dell’infrastruttura. La natura mista di queste costruzioni si sposa bene con almeno tre o quattro livelli della ricerca contemporanea, tra cui la loro natura mista, il loro rapporto con il suolo e le loro modifiche progressive lungo lo sviluppo longitudinale. 

FLUIDITà E NUOVE CONCEZIONI
Altro cambiamento fondamentale di questo periodo è la concezione dello spazio: se prima questo spazio era dove venivano collocati gli oggetti secondo i principi della fisica classica, adesso la concezione è ribaltata, non esiste contenitore e contenuto in quanto lo spazio stesso è un’ulteriore declinazione del concetto di informazione. Quindi la ricerca architettonica non verte sulla trasformazione di qualcosa che c’è, bensì su creare tempo e spazio. Non sono le tre dimensioni a caratterizzare un’architettura: l’informazione è la materia prima dell’architettura e lo spazio è l’informazione: come si progetta questa nuova conoscenza? Attraverso l’interattività. L’interattività intesa come elemento catalizzatore del nostro tempo, come collegamento ipertestuale tra due sfere che devono comunicare, come possibilità di mutare rapidamente il sistema di riferimento.
L’interattività è quindi strutturata in modelli che hanno forma continuamente modificabile. Questi sono veri e propri alberi costituiti da reti e trame di informazione che, se vengono modificate, a loro volta possono cambiare tutta la struttura. Oggi si può modificare la struttura in modo intelligente a seconda delle condizioni esterne, di necessità di nuovi ambienti, o può interagire con gli utenti, con una specie di interattività emotiva.

TOYO ITO
Già nel suo primo progetto, è evidente come Toyo Ito sia profondamente attratto dal rapporto tra architettura e informatica. La torre dell’acqua di Yokohama infatti è una svettante architettura che riesce a captare, assimilare e a produrre degli output basati su condizioni più o meno endogene alla struttura stessa. Questa cisterna è infatti uno scambiatore di informazioni. L’architettura non è più solamente un oggetto che occupa l’ambiente, bensì una costruzione che interagisce con esso attraverso l’elettronica.
Ma come fare per esprimere il nuovo mondo dell’informatica in architettura? Come trasformare queste nuove potenzialità in architettura? È proprio l’architettura stessa che deve dare forma e sostanza a questo nuovo mondo.
Toyo Ito è giapponese e come tale vive una forte connessione con gli elementi della natura, in particolare con l’acqua. 
L’architetto giapponese non vive però solo di suggestioni, ma cerca anche nuovi metodi di sviluppo architettonico. Egli elabora per esempio la griglia emergente: questo consiste nel riportare delle forme pure o degli spazi con determinate funzioni su un piano e poi deformare o stravolgere il sistema. Deformazione che è globale. Ito intesse queste ricerche con temi filosofici, scientifici e ingegneristici, abolendo la distinzione strutturale degli elementi, deformando e storpiando anche gli elementi relazionati con un certo immaginario collettivo.

L’edificio è quindi un elemento di mediazione che attraverso la sua intelligenza decide quale input adoperare per trasformarlo in output.
François Roche rivolge l’attenzione alle architetture sistemiche, attive nell’ambiente non solo perché prendono energia, ma perché funzionano in vario modo come elementi di filtro. Il suo tema principale è quello del paesaggio, ibridando la programmabilità con l’interattività. Questi temi si combinano e si rafforzano l’uno con l’altro, rendendo gli edifici esseri viventi, con un’essenza interposta tra l’essenza vegetale e della materiale. L’architettura è perciò consumatrice di energia e produttrice della stessa.
Il futuro delle aree metropolitane si gioca soprattutto sui rapporti che l’architettura e l’urbanistica intrattengono con la scienza. Queste discipline devono infatti convergere in un’autentica ecologia dello spazio, non possono coesistere singolarmente, ma devono interagire sinergicamente per contribuire ad un corretto sviluppo della società. Un aspetto infatti determinante della crisi economica del primo decennio degli anni Duemila è chiaro: è la distanza tra il mondo reale e quello virtuale.
Per concludere è necessario dire che bisogna riformulare una scienza capace di comprendere e fronteggiare i cambiamenti del nostro tempo, che non possono essere analizzati con una sceinza nata in un altro tempo per contrastare altre problematiche. L’idea di architettura odierna è basata sulla presenza centrale della soggettività, della personalizzazione, comunicazione in una logica sistemica. Non si può lavorare sul minimo, ma bisogna invece involucrare il massimo, bisogna lavorare tra gli interstizi, bisogna slegare l’attaccamento tra funzione e forma. Perché siamo nella rivoluzione informatica, dove bisogna cerca l’interattività come valore cruciale.

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